Un team di ricerca internazionale ha scoperto che l’idralazina, un comune antipertensivo, può bloccare la crescita del glioblastoma, una delle forme più aggressive di tumore cerebrale.

Il glioblastoma è tra i tumori più letali e difficili da trattare: solo il 5% dei pazienti sopravvive a cinque anni dalla diagnosi, secondo l’Istituto Superiore di Sanità. Non esistono ancora cure risolutive, anche se alcune terapie sperimentali recenti hanno mostrato risultati incoraggianti.
Ora, una nuova scoperta potrebbe aprire strade inaspettate. L’idralazina – un farmaco in uso dagli anni ’70 per trattare l’ipertensione e la preeclampsia – ha dimostrato di poter fermare la crescita delle cellule tumorali del glioblastoma in laboratorio. I ricercatori parlano di un risultato sorprendente, con il potenziale di cambiare l’approccio terapeutico a questa forma di cancro cerebrale.
Il ruolo chiave dell’idralazina e l’intuizione dei ricercatori
Lo studio è stato condotto da un consorzio internazionale guidato dall’Università della Pennsylvania, con la partecipazione di scienziati della University of Texas at San Antonio, della University of Florida e del Sidney Kimmel Medical College della Thomas Jefferson University. A coordinare la ricerca, Megan L. Matthews e Kyosuke Shishikura, chimici dell’ateneo di Philadelphia.
Il team ha scelto di indagare a fondo l’idralazina, un vasodilatatore storico il cui esatto meccanismo molecolare era rimasto finora poco chiaro. “L’idralazina è uno dei primi vasodilatatori mai sviluppati ed è ancora un trattamento di prima linea per la preeclampsia”, ha spiegato il dottor Shishikura, ricordando come questo farmaco nasca da un’epoca in cui la farmacologia si basava sull’osservazione clinica, più che sulla comprensione dei meccanismi biologici.

Il bersaglio molecolare: un enzima mai colpito prima
Analizzando il farmaco con tecniche biochimiche avanzate, i ricercatori hanno individuato il suo vero bersaglio: un enzima chiamato ADO (2-amminoetantiol diossigenasi). Si tratta di un regolatore chiave del segnale d’ipossia, ovvero della risposta cellulare alla carenza di ossigeno.
Nel contesto dell’ipertensione, l’inibizione di questo enzima spiega l’effetto vasodilatatore del farmaco. Ma c’è di più. Le cellule del glioblastoma utilizzano l’ADO per sopravvivere in ambienti poveri di ossigeno, caratteristici dei tumori cerebrali. Bloccando questo enzima, l’idralazina priva le cellule tumorali di un meccanismo cruciale per la loro proliferazione. Fino ad oggi, non esistevano inibitori noti dell’ADO. Con questa scoperta, la scienza potrebbe aver colpito due obiettivi con una sola mossa.
Cellule tumorali in stallo: un primo passo promettente
I test condotti in laboratorio su cellule di glioblastoma hanno rivelato che l’idralazina riesce a bloccare la loro crescita. Le cellule malate non vengono distrutte, ma sospese in uno stato di dormienza e senescenza, senza attivare processi infiammatori. Un risultato significativo, perché potrebbe aprire alla possibilità di controllare il tumore rallentandone l’evoluzione.
Tuttavia, affinché il trattamento sia efficace in vivo, il farmaco dovrà superare la barriera emato-encefalica, una struttura altamente selettiva che protegge il cervello ma ostacola l’ingresso di molti composti terapeutici. Per questo, il team proseguirà le ricerche per migliorare la biodisponibilità cerebrale dell’idralazina o sviluppare molecole derivate.
“È raro che un vecchio farmaco cardiovascolare finisca per insegnarci qualcosa di nuovo sul cervello, ma è esattamente ciò che speriamo di scoprire di più: collegamenti insoliti che potrebbero portare a nuove soluzioni”, ha dichiarato la dottoressa Matthews.
I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science Advances, rappresentano un primo passo. Saranno necessari ulteriori studi, anche clinici, per capire se questa vecchia molecola potrà diventare una nuova alleata nella lotta contro uno dei tumori più aggressivi del nostro tempo.

