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Mangiare da soli dopo i 65 anni può nuocere alla salute: lo rivela un ampio studio internazionale

Mangiare da soli dopo i 65 anni può nuocere alla salute: lo rivela un ampio studio internazionale
Photo by sabinevanerp – Pixabay
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Un’analisi su oltre 80.000 anziani dimostra come l’isolamento durante i pasti sia legato a scelte alimentari peggiori e a un maggior rischio di fragilità fisica e mentale.

Mangiare da soli dopo i 65 anni può nuocere alla salute: lo rivela un ampio studio internazionale
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Per molti anziani, consumare i pasti in solitudine è una routine quotidiana. Tuttavia, questa abitudine potrebbe nascondere più insidie di quanto si pensi. Una revisione sistematica condotta dai ricercatori della Flinders University di Adelaide (Australia) ha messo in evidenza come mangiare da soli, dopo i 65 anni, sia correlato a una peggiore qualità dell’alimentazione e, di conseguenza, a un deterioramento della salute generale. Pubblicato sulla rivista Appetite, lo studio ha preso in esame i risultati di 24 ricerche condotte in 12 Paesi, coinvolgendo oltre 80.000 persone anziane che vivono in comunità.

Il dato che emerge è chiaro: chi consuma i pasti da solo tende ad assumere nutrienti in modo meno bilanciato, aumentando così i rischi per la propria salute fisica e nutrizionale.

Quando il pasto solitario diventa un fattore di rischio

L’invecchiamento comporta inevitabili mutamenti nella fisiologia, nell’ambiente sociale ed economico delle persone. Secondo gli studiosi, questi fattori possono influenzare direttamente le abitudini alimentari, ma ciò che hanno voluto approfondire è quanto l’atto stesso di mangiare soli influisca sulla qualità della dieta.

La risposta arriva con forza dai dati: nella maggior parte degli studi analizzati, gli anziani che mangiano abitualmente da soli mostrano una maggiore tendenza a seguire un regime alimentare povero di proteine, nutrienti fondamentali per mantenere forza muscolare e funzionalità fisica. Alcune ricerche suggeriscono inoltre un legame tra solitudine a tavola e perdita di peso involontaria o eccessiva, fino a stati di fragilità.

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La solitudine a tavola e le sue implicazioni sociali

Non si tratta solo di fisiologia. Gli autori dello studio sottolineano come la componente sociale giochi un ruolo decisivo. La solitudine, infatti, incide profondamente sulla motivazione a preparare pasti completi e bilanciati. L’assenza di compagnia riduce l’interesse verso il momento del pasto, trasformandolo in un’attività da sbrigare piuttosto che da godere.

Alla luce di questi risultati, i ricercatori suggeriscono la necessità di promuovere programmi di screening per individuare gli anziani a rischio nutrizionale. Inoltre, potrebbero essere incentivati progetti comunitari – come pranzi collettivi o gruppi di cucina – che favoriscano l’interazione sociale e incentivino un’alimentazione più sana.

Oltre l’alimentazione: le conseguenze dell’isolamento

Il quadro è ancora più ampio. Anche se lo studio della Flinders University si concentra sull’alimentazione, gli effetti dell’isolamento sociale sono stati documentati anche in ambiti diversi. Un’importante ricerca pubblicata su The Lancet nel 2020 ha identificato la mancanza di relazioni sociali tra i dodici fattori modificabili che influenzano il rischio di demenza. Secondo gli esperti, agendo su questi fattori – tra cui l’isolamento – si potrebbe teoricamente prevenire o ritardare fino al 40% dei casi di demenza nel mondo.

Mangiare insieme, quindi, non è solo un piacere: può essere una scelta di salute.