Presentati i nuovi dati del registro Atlas durante i BeMUT-ual Days: cambiano i volti della malattia.

Il tumore del polmone non è più solo la malattia di chi ha fumato a lungo, né colpisce soltanto uomini o persone anziane. Oggi, quasi una diagnosi su due riguarda una donna, il 29% dei pazienti non ha mai fumato e oltre il 4% ha meno di 45 anni. È questo il nuovo scenario tracciato dal registro Atlas, piattaforma nazionale che raccoglie dati reali provenienti da tutta Italia e che, ad oggi, ha inserito 8.870 pazienti. Di questi, 4.178 sono donne, 2.568 non hanno mai acceso una sigaretta e 406 hanno ricevuto la diagnosi prima dei 45 anni.
I dati sono stati resi noti durante i BeMUT-ual Days, il convegno organizzato a Roma da Walce (Women Against Lung Cancer in Europe), che ogni anno riunisce oncologi, pazienti, caregiver e istituzioni. L’incontro, giunto alla settima edizione, si concentra sul carcinoma polmonare non a piccole cellule con mutazioni molecolari in fase metastatica e rappresenta un raro spazio di dialogo tra scienza e vissuto quotidiano.
Diagnosi, terapie e bisogni: un panorama in evoluzione
Negli ultimi anni, il volto del tumore polmonare è cambiato in modo profondo. Lo sottolinea Silvia Novello, oncologa all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano e presidente di Walce: “Siamo in una fase di continua trasformazione. Le tecniche diagnostiche si sono evolute, il sistema di stadiazione è stato aggiornato, sono arrivate nuove terapie, soprattutto per chi presenta mutazioni molecolari. E con questi cambiamenti, cambiano anche i bisogni dei pazienti”.
Molti progetti innovativi sono nati proprio dal confronto emerso nei BeMUT-ual Days. Il convegno resta, infatti, l’unico appuntamento nazionale dedicato in modo specifico a pazienti con tumore del polmone mutato e alle loro famiglie. Qui si condividono conoscenze, si affrontano temi clinici, psicologici e sociali, con l’obiettivo di costruire un’assistenza più completa e vicina alla persona.

Più sopravvivenza e qualità di vita: i risultati della ricerca
“Grazie ai progressi terapeutici, oggi vediamo un netto miglioramento nella sopravvivenza e nella qualità della vita dei pazienti”, ha dichiarato Benjamin Besse, direttore dell’Oncologia toracica dell’Istituto Gustave Roussy di Parigi. Le sue parole trovano eco nella storia di Merel Hennink, attivista olandese di LuCE (Lung Cancer Europe), che convive da 11 anni con un tumore al IV stadio. “Nel 2014 non avrei mai immaginato di correre ancora. Ma pochi giorni fa ho partecipato alla mezza maratona organizzata da Walce a Verona. È il mio modo per dimostrare che la ricerca fa davvero la differenza”.
Il messaggio di Merel si lega anche al progetto AMAti, che promuove l’attività fisica adattata nei pazienti oncologici. Coordinato dall’Università di Verona, ha già dimostrato che l’esercizio, se personalizzato, può migliorare significativamente il benessere psicofisico di chi vive con una diagnosi di tumore.
Genetica, accesso ai test e terapie su misura
La profilazione molecolare è oggi il perno di ogni strategia terapeutica personalizzata. Per garantire l’accesso ai test genomici anche nei territori meno serviti, Walce ha dato vita al progetto Epropa, una rete europea nata nel 2021. In Sardegna, ad esempio, Epropa ha ridotto sensibilmente i tempi di accesso ai test di sequenziamento genico (Ngs), anticipando di due anni il rimborso regionale e permettendo a circa il 40% dei pazienti di accedere a farmaci mirati.
Lo stesso modello ha preso piede in Albania, dove 182 pazienti hanno ottenuto gratuitamente il test molecolare. In 68 di loro sono state individuate mutazioni azionabili, e 45 hanno potuto cambiare trattamento, accedendo a terapie altrimenti non disponibili. “Questi non sono solo numeri – ha spiegato Kleida Mati Ramizi, oncologa a Tirana – sono vite che hanno preso una nuova direzione grazie alla genetica”.
Infine, durante l’evento, la testimonianza di Valeria Ventura, giovane paziente di 28 anni, ha riportato l’attenzione sul bisogno di una presa in carico che sia anche sociale, psicologica e informativa. “Incontri come questo – ha raccontato – offrono non solo aggiornamenti medici, ma un supporto reale, umano. Ci aiutano a capire come affrontare meglio la malattia, anche nei suoi risvolti più invisibili”.

