L’indagine di Greenpeace accende i riflettori sulla sicurezza chimica dei capi SHEIN: tra PFAS e ftalati, ecco cosa rivela la scienza e quali sono i possibili rischi per la salute.

Un’indagine di Greenpeace ha scosso il mondo della moda ultra-fast. Il test condotto su diversi capi acquistati da SHEIN e da altri brand simili ha rivelato la presenza di sostanze chimiche ben oltre i limiti previsti dal regolamento europeo REACH. I risultati sollevano interrogativi cruciali: cosa c’è davvero nei tessuti che indossiamo ogni giorno?
Tra i composti rinvenuti figurano i PFAS, impiegati per rendere i tessuti idrorepellenti e antimacchia, e gli ftalati, utilizzati come plastificanti. A preoccupare è soprattutto la presenza di queste sostanze negli indumenti destinati ai bambini, dove i margini di sicurezza dovrebbero essere più rigorosi. Non si tratta di un fenomeno isolato: l’abbigliamento potrebbe rappresentare una via di esposizione costante e invisibile a sostanze potenzialmente pericolose.
PFAS: i “forever chemicals” che restano nel corpo
I PFAS sono noti per la loro persistenza nell’ambiente e nell’organismo umano. Una volta assorbiti, tendono ad accumularsi e a interferire con funzioni biologiche vitali. Studi epidemiologici e analisi di laboratorio hanno documentato legami tra l’esposizione a questi composti e diversi effetti avversi sulla salute.
Secondo una revisione condotta da Grandjean & Budtz-Jørgensen, i PFAS riducono la risposta immunitaria, compromettendo anche l’efficacia dei vaccini nei bambini. La letteratura scientifica segnala inoltre danni epatici (Costello et al., Hepatology) e alterazioni endocrine con impatti su tiroide, metabolismo e fertilità (Nature Reviews Endocrinology). Il C8 Science Panel ha infine rilevato un aumento del rischio di tumore al rene e al testicolo in soggetti esposti a elevate concentrazioni di PFOA.

Danni alla salute: quali patologie sono associate
I capi SHEIN contenenti PFAS e ftalati possono rappresentare una minaccia concreta, soprattutto in caso di esposizione ripetuta nel tempo. Le ricerche scientifiche più recenti collegano questi composti a un ampio spettro di disturbi:
- Patologie epatiche croniche e steatosi;
- Disfunzioni della tiroide, con alterazioni degli ormoni TSH e T3/T4;
- Disturbi metabolici, come colesterolo alto e sindrome metabolica;
- Danno renale, con incremento dei marker di stress tubulare;
- Immunodeficienza e risposta vaccinale ridotta;
- Problemi di fertilità e alterazioni della qualità spermatica e ovulatoria;
- Complicanze in gravidanza e basso peso neonatale;
- Disturbi neuro-cognitivi nei bambini;
- Patologie respiratorie e asma (legate in particolare agli ftalati);
- Rischio aumentato di cancro renale e testicolare.
Gli ftalati, in particolare, sono riconosciuti come interferenti endocrini e il loro impatto sulla salute riproduttiva e respiratoria è documentato in numerosi studi pubblicati su The Lancet Diabetes & Endocrinology ed Environmental Research.
I vestiti come fonte di esposizione: come difendersi
Lo studio pubblicato su Environmental Science & Technology (Morrison et al.) dimostra che le sostanze chimiche presenti nei tessuti possono essere assorbite anche per via cutanea o inalate sotto forma di micro-particelle. Non basta lavare i capi una volta: alcuni PFAS resistono anche a ripetuti cicli in lavatrice, mantenendo il loro potenziale tossico.
Cosa si può fare concretamente per proteggersi? Ecco alcune misure efficaci:
- Lavare sempre i capi nuovi prima di indossarli, soprattutto per i bambini;
- Evitare indumenti “idrorepellenti” o “antimacchia” senza indicazioni trasparenti;
- Scegliere tessuti naturali e marchi che garantiscono tracciabilità;
- Limitare l’uso prolungato di capi tecnici a diretto contatto con la pelle;
- Prestare attenzione in gravidanza o in presenza di disturbi endocrini o immunitari;
- Verificare la presenza di certificazioni affidabili come OEKO-TEX® o bluesign®.
Il messaggio è chiaro: la moda veloce non è solo una questione ambientale o etica, ma riguarda anche la nostra salute quotidiana. Informarsi, scegliere con consapevolezza e sostenere standard di sicurezza più rigorosi sono passi fondamentali per ridurre il rischio.

