Un’alterazione silenziosa del sistema immunitario può precedere lo sviluppo del cancro. Gli scienziati puntano ora su prevenzione e stile di vita per rafforzare le difese dell’organismo.

Per anni si è creduto che le alterazioni del sistema immunitario fossero una conseguenza diretta della presenza di un tumore. Oggi, questa visione sta cambiando. «L’ipotesi è che alcune alterazioni possono precedere lo sviluppo del tumore stesso, ribaltando il paradigma che per anni le ha considerate solo una conseguenza della malattia», afferma Licia Rivoltini, responsabile della Struttura semplice dipartimentale di Immunologia traslazionale presso l’Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Si tratta di modifiche sistemiche, che non interessano solo il tessuto colpito ma coinvolgono l’intero organismo. Possono dipendere da vari fattori: predisposizione genetica, esposizione a sostanze inquinanti, malattie pregresse o, più frequentemente, dallo stile di vita.
Lo stile di vita come leva per proteggere il sistema immunitario
Tra i fattori modificabili, lo stile di vita rappresenta l’elemento chiave. Numerose ricerche epidemiologiche hanno già evidenziato come una dieta equilibrata e un’attività fisica regolare siano associate a una riduzione del rischio di sviluppare diversi tipi di tumore. Oggi, la sfida è andare oltre l’associazione statistica e dimostrare che cambiamenti mirati possano modulare attivamente il sistema immunitario, rafforzandone la capacità di risposta in tempi brevi.
Per monitorare l’efficacia di questi interventi, i ricercatori utilizzano la profilazione immunitaria sistemica, un esame del sangue che individua eventuali squilibri immunologici. Questo strumento consente di valutare come dieta, attività fisica o trattamenti terapeutici influenzino il sistema di difesa dell’organismo.
Dieta antinfiammatoria e digiuno simulato: due approcci in sperimentazione
All’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è in corso una sperimentazione dedicata a pazienti con predisposizione genetica o con tumori in fase iniziale. A questi soggetti viene proposta una dieta antinfiammatoria nelle settimane precedenti l’intervento chirurgico. «In sole due settimane, si possono osservare cambiamenti misurabili nel sangue e nei tessuti: si riduce l’infiammazione sistemica, che crea un ambiente favorevole alla crescita tumorale, e si riattiva l’immunosorveglianza nei tessuti mammari o intestinali», spiega Rivoltini.
La dieta proposta si ispira alla tradizione mediterranea, con un minor apporto di proteine animali e un maggiore utilizzo di quelle vegetali. Sono ammessi pesce azzurro e cereali integrali, mentre vengono evitati cibi ultraprocessati, ricchi di zuccheri e grassi saturi. In alcuni casi, ai pazienti vengono forniti kit alimentari specifici per facilitare l’adesione al regime dietetico.
Un secondo protocollo sperimentale, già brevettato dall’Istituto, è la fasting mimicking diet (dieta mima-digiuno), una strategia nutrizionale di cinque giorni a basso contenuto calorico e proteico, basata su alimenti vegetali. Questa dieta è testata in combinazione con la chemioterapia per potenziarne l’efficacia e ridurre gli effetti collaterali, differenziandosi così dall’approccio antinfiammatorio, più indicato in fase preventiva o precoce.

Movimento e immunità: anche una camminata fa la differenza
Non solo alimentazione. Anche l’esercizio fisico si conferma un potente alleato del sistema immunitario. «In uno studio abbiamo visto che una singola sessione di 80 minuti di camminata a passo sostenuto, ma non stressante, ha ridotto l’infiammazione sistemica per 3-4 giorni», sottolinea Rivoltini. Un dato che conferma quanto osservato anche in modelli animali, dove l’attività fisica può persino rallentare la crescita tumorale.
Questi risultati rafforzano l’idea che la prevenzione oncologica non debba limitarsi alla diagnosi precoce o all’eliminazione di fattori di rischio noti, come il fumo. È possibile intervenire prima, potenziando la sorveglianza immunitaria con scelte quotidiane consapevoli.
Negli ultimi anni, l’immunoterapia ha guadagnato terreno come strategia efficace contro molti tumori. Ma le sue radici risalgono già agli anni ’60, quando i primi studi esploravano il legame tra sistema immunitario e cancro. Oggi, grazie a tecnologie avanzate, è possibile analizzare nel dettaglio le risposte immunitarie individuali e utilizzarle sia a scopo terapeutico che preventivo.
Un aspetto cruciale emerso dalle ricerche recenti riguarda l’infiammazione sistemica cronica, che può rendere i tumori “immunologicamente freddi”. In questi casi, il sistema immunitario fatica a riconoscere le cellule malate. «È come se quest’ultimo venisse disorientato, perdendo la capacità di riconoscere e attaccare le cellule tumorali», spiega Rivoltini. «Questo è un ostacolo per l’efficacia dell’immunoterapia che funziona meglio in tumori “caldi”, cioè ricchi di cellule immunitarie».

