La sanità italiana è a un punto di svolta cruciale. Dopo anni di discussione su una riforma del sistema sanitario, un nuovo testo è pronto: i medici di famiglia potrebbero presto diventare dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Questo cambiamento mira a migliorare l’assistenza sanitaria territoriale, rafforzando strutture come le Case della Comunità, concepite per offrire cure giornaliere continue dalle 8.00 alle 20.00.

Una Nuova Struttura Organizzativa
Nel 2012 è stato fatto un primo tentativo di miglioramento con le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), gruppi di medici creati per garantire continuità assistenziale. Questi gruppi permettevano ai pazienti di consultare altri medici in assenza del proprio, mantenendo una conoscenza continuativa della loro storia clinica. Tuttavia, l’efficienza di questo sistema è stata ostacolata dal fatto che i medici di famiglia operano ancora come liberi professionisti e non come dipendenti pubblici. In assenza di chiari accordi tra Stato e Regioni, la Fimmg, il sindacato principale dei medici di famiglia, ha opposto resistenza, temendo la perdita di autonomia professionale e del rapporto personale con i pazienti.
La Resistenza del Sindacato
La Fimmg ha costantemente bloccato i tentativi di riforma, citando la paura di un drastico cambiamento nella relazione tra medico e paziente. Campagne pubblicitarie, manifesti e lettere ai sindaci sono solo alcune delle strategie adottate per esprimere il loro dissenso. Secondo il sindacato, un sistema di medici dipendenti comprometterebbe la possibilità per i cittadini di scegliere il proprio medico, un punto cardine per mantenere un rapporto di fiducia duraturo.
Un Nuovo Modello per Un Futuro Diverso

La pandemia ha esposto le debolezze della sanità territoriale: la disorganizzazione e la varietà di condizioni operative tra le Regioni hanno evidenziato la necessità di un cambiamento. Ad esempio, solo il 7% dei medici milanesi ha contattato i pazienti per le vaccinazioni. L’introduzione delle Case della Comunità entro il 2026 potrebbe essere la risposta, ma richiede medici legati contrattualmente al SSN per garantire presenza e continuità. La conversione dei nuovi medici in dipendenti pubblici non esclude però chi vorrà restare libero professionista.
La Fimmg continua a manifestare preoccupazioni, ribadendo che l’autonomia dei medici è essenziale. Ma per molti, questa resistenza è vista più come una difesa degli interessi del sindacato piuttosto che un vero ostacolo al miglioramento del sistema. Se la politica non prenderà una decisione ferma, il rischio è che le promesse di rinnovamento rimangano lettera morta, lasciando le Case della Comunità vuote e i cittadini a gestire da soli le proprie necessità sanitarie.