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Iperplasia prostatica benigna (o ipertrofia prostatica benigna), meglio conosciuta con il nome di adenoma prostatico, è una patologia che va a colpire la ghiandola prostatica. Questa malattia provoca un incremento di volume della prostata per colpa di una concentrazione maggiore di cellule: si tratta di uno sviluppo di natura benigna, ovvero che va a eseguire una compressione sui tessuti che si trovano intorno, ma senza penetrare in alcun modo al loro interno. Questa patologia è correlata con il naturale processo di invecchiamento, ma può colpire, nel 5-10% dei casi, anche gli uomini di 40 anni. Iperplasia prostatica benigna e carcinoma prostatico non hanno alcun tipo di correlazione, anche se ovviamente si tratta di due condizioni che sono pure in grado di coesistere. Piuttosto di frequente capita che la diagnosi di un carcinoma avvenga per caso nel corso di esami e approfondimenti legati alla prima, più diffusa, patologia. La differenza tra iperplasia prostatica benigna e carcinoma prostatica è legata anche alla zona che vanno a colpire: infatti, il carcinoma, nella maggior parte dei casi, va a impiantarsi sulle zone periferica della prostata.
Quando si rende necessario l’intervento chirurgico
Dal punto di vista chirurgico si interviene solamente nel caso in cui il trattamento a base di farmaci non abbia dato gli effetti sperati. Ogni tipo di operazione chirurgica per tale problematica può comportare dei pericoli per quanto riguarda il processo di eiaculazione del paziente. Invece sia il livello di rigidità dell’erezione che la possibilità di giungere all’orgasmo non vengono in alcun modo condizionati da tale intervento. L’adenomectomia è un intervento che consente di asportare l’adenoma tramite il classico taglio chirurgico sia nella versione trans vescicale che in quella infravescicale. Attualmente ormai è superato dalla tecnica di chirurgia mini-invasiva e viene usato solamente nel caso in cui la prostata da rimuovere sia di dimensioni elevate. Un altro tipo di operazione è la resezione transuretrale dell’adenoma prostatico, che comporta la resezione della prostata mediante l’uretra: si tratta di una tecnica che ha indubbiamente il vantaggio di essere mini-invasiva, consentendo di non effettuare dei tagli e garantendo anche un recupero in seguito all’operazione decisamente più veloce. Tra le nuove tecniche che vengono utilizzate attualmente, gran parte di esse sfrutta il laser. La prima è stata la VLAP, che impiega uno YAG laser a contatto con il tessuto della prostata, mentre PVP e KTP sono stati perfezionati da pochi anni. Tra le procedure più diffuse al mondo troviamo sicuramente quella chiamata HoLAP, che sfrutta un laser molto potente da 100 Watt.
L’ipertrofia prostatica maligna
Tra le principali caratteristiche dei tumori maligni che vanno a colpire la prostata troviamo sicuramente il fatto di poter invadere sia organi che tessuti che si trovano nelle vicinanze, come ad esempio retto o vescica, senza dimenticare come possano sviluppare delle metastasi in altre zone del corpo. Si tratta di tumori che possono essere oggetto di cure, ma in ogni caso comportano sempre la possibilità di una recidiva. L’adenocarcinoma è indubbiamente la tipologia di neoplasia prostatica che si sviluppa con la maggiore frequenza, visto che comprende qualcosa come più del 95% dei tumori maligni. Ad ogni modo, possono svilupparsi anche altre tipologie di tumori. Si tratta del carcinoma a piccole cellule (che deriva da cellule neuroendocrine), del carcinoma mucinoso (la cui principale caratteristica è proprio la produzione di muco), del carcinoma adenosquamoso, delle neoplasie mesenchimali, del linfoma primario della prostat e dell’adenocarcinoma duttale, che deriva dalle cellule che si trovano nei dotti prostatici. In seguito alla diagnosi della tipologia di tumore che ha colpito il paziente, il medico avrà il compito di individuare il grado del tumore (ovvero il comportamento delle cellule hanno subito anomalie), la fase di sviluppo e la sua diffusione, ma anche i fattori che potrebbero condizionare il normale decorso della patologia.
Quali sono le cure più adatte per l’adenoma prostatico
Nella maggior parte dei casi per il trattamento dell’adenoma prostatico vengono impiegati dei farmaci inibitori della 5-alfareduttasi. Si tratta di medicinali che vanno a svolgere la loro attività benefica provocando un calo delle dimensioni della ghiandola prostatica, andando a inibire un enzima che ha un ruolo importante nella stimolazione dello sviluppo delle cellule. Questi farmaci permettono in tanti casi di ottenere un calo di circa un quarto del volume della prostata nel giro di 6-12 mesi. I farmaci alfa-bloccanti sono in grado di garantire un buon rilassamento della muscolatura liscia andando ad agire sia l’uretra prostatica che il collo vescicale. Questi medicinali permettono un migliore passaggio dell’urina all’interno del tratto uretrale, che di solito ha dimensioni minori per via dell’incremento delle dimensioni dei lobi prostatici. Nel corso dei primi giorni di trattamento questi farmaci potrebbero dare come effetto collaterale dei cali di pressione, così come stanchezza, disturbi a livello gastro-intestinale, capogiri, diarrea e mal di stomaco. In alcuni casi possono comportare anche il problema dell’eiaculazione retrograda. Per il trattamento dell’ipertrofia prostatica in tanti casi vengono impiegati dei farmaci fitoterapici, che possono tornare utili in modo particolare per alleviare i sintomi connessi a tale malattia, nello specifico quando ci sono dei disturbi di natura infiammatoria. Per valutare effettivamente la loro azione, però, sono necessarie ancora delle ricerche dal punto di vista clinico. Può capitare, indubbiamente, che queste tre tipologie di farmaci vengano usate in contemporanea per rendere più potenti gli effetti contro l’adenoma prostatico.

Iperplasia prostatica benigna e alimentazione
La dieta che un paziente che soffre di iperplasia prostatica benigna deve seguire ha un carattere tipicamente di prevenzione. Le principali caratteristiche dell’alimentazione che si deve rispettare sono le seguenti: prima di tutto evitare il consumo di bevande alcoliche (oppure un consumo davvero minimo), così come cercare di evitare un consumo eccessivo di proteine. Infatti, la ripartizione più corretta di proteine da seguire è la seguente: 2/3 devono avere provenienza vegetale e solamente 1/3 derivazione animale. Dal punto di vista dell’alimentazione generale è importante che l’apporto nutrizionale sia il più equilibrato possibile, con un consumo di calorie nella norma. Nel caso in cui, però, il paziente sia in sovrappeso, ecco che talvolta è necessario adottare misure anche drastiche, dal punto di vista della diminuzione di calorie quotidiane consentito, proprio con l’obiettivo di perdere un po’ di chili.